Il termine ‘nativi digitali’ è ormai conosciuto e forse abusato; esso indica la generazione nata nell’era degli smartphone, tablet e dove ogni cosa diventa smart.
Nella definizione di Marc Prensky (“Digital Natives, Digital Immigrants“) c’è la geniale intuizione del fatto che qualcosa di profondamente nuovo stesse per accadere ed in questa definizione ci si è accovacciati per troppi anni nella convinzione per cui fosse onnicomprensiva e sufficiente per capire un intero fenomeno.

Purtroppo il tempo ha dimostrato che non è proprio così. Abbiamo avuto l’illusione che i giovani potessero essere indipendenti e del tutto autonomi nell’uso di queste tecnologie ma la realtà ha dato ragione al fatto che ci sono molti problemi che non riguardano l’uso bensì le modalità e la vita stessa di questa generazione nata e avvolta nella tecnologia.

In un suo articolo Anna Rita Longo afferma:

Quella fotografia in controluce ci ha descritto il profilo della nuova generazione che stava per sopraggiungere, ma non ce l’ha fatta vedere in volto.
In quella visione sono emersi pertanto grossi preconcetti insiti nella generazione antecedente, che in un bambino che tocca un display ha visto l’improvvisa accelerazione di una generazione che non avrebbe dovuto faticare per comprendere le dinamiche basilari dei dispositivi dell’era odierna. E di questo problema ne pagheranno le spese soprattutto gli stessi “nativi digitali”, sedotti dalla tecnologia e abbandonati al proprio destino da genitori e maestri. Non è mai troppo tardi per recuperare, ma occorre muoversi subito, partendo dalle definizioni e dai numeri. Perché presto o tardi i “nativi digitali” saranno classe dirigente.

Alla luce di quanto detto e con dati verificati da studi del settore che dimostrano lo stato imbarazzante in cui versa questa generazione, posso affermare con assoluta certezza e trasparenza (ma anche per esperienza personali vissute) che le nuove generazioni stanno vivendo oggi, e sempre di più nel prossimo futuro, il profondo e pericolosissimo paradosso di non avere le necessarie competenze digitali, ma al tempo stesso credere di averle. Ma la cosa più preoccupante è che chi crede che siano dei veri smanettoni sono gli stessi genitori.

Paradossalmente i nati tra gli anni ’70-’80, mi riferisco a coloro che come me ascoltavano la musica con le cassette e ad un tratto sono passati ad avere la propria playlist sullo smartphone, sono avvantaggiati rispetto ai nativi digitali perché, pur davanti ad un cambio evolutivo drammatico della tecnologia, hanno avuto un  tempo relativamente sufficiente per comprendere meglio cosa stava accadendo e  adeguarsi di conseguenza.

Interessante cosa spiega in un report l’Associazione Italiana per l’Informatica e il Calcolo (qui puoi scaricare il documento in formato pdf):

I giovani non possiedono di per sé le competenze per l’utilizzo in maniera sicura e efficace delle tecnologie e le competenze acquisite informalmente rischiano di essere incomplete.
L’insufficiente attenzione a far sì che i giovani acquisiscano competenze complete in maniera formale, conduce ad un nuovo divario “digitale”, ossia tra uno “stile di vita digitale” e le competenze digitali richieste dal mondo del lavoro.
La mancanza di conoscenza degli strumenti necessari alla forza lavoro di oggi contribuisce a una nuova generazione di individui che non riesce a realizzare il proprio pieno potenziale come studenti, impiegati, imprenditori o cittadini di tecnologie digitali.

Sempre lo stesso report indica che il 42% degli studenti non sono sufficientemente consapevoli dei rischi di una connessione wifi, il 40% non protegge l’accesso ai loro telefoni e il 50% mai o raramente controlla le autorizzazioni che le applicazioni richiedono prima dell’installazione. Tutto questo rende molto chiaro che siamo difronte ad una generazione ‘Analfabeta’ dal punto di vista digitale.

Ma non possiamo imputare colpe a questi giovani che sono alla ricerca di una guida che molto spesso non trovano da coloro che hanno la responsabilità di fornirgliela, cioè i genitori, ma di questo te ne parlerò più avanti.

Lo stile passivo

C’è un altro problema di cui credo sia necessario parlare, e cioè allo stile passivo con cui i nostri giovani, preadolescenti e bambini vivono mentre usano la tecnologia. Anche qui viene in aiuto uno studio dell’AICA che ti riporto integralmente:

Il tempo che gli adolescenti trascorrono online per messaggi di testo, giochi, recupero dei contenuti o consumo di contenuti passivi come la visione dei video, è preoccupante.

Quindi, il tempo che i ‘nativi digitali’ trascorrono sui dispositivi mobili li pone nella maggioranza dei casi come entità riceventi e raramente interattiva e creativa.
Basti pensare alle ‘vecchie postazioni desktop’ dove il pc era uno strumento importante ma appariva difficile ad usarlo, complicato e spesso poco user friendly. Ma poi “Qualcuno” ha pensato bene che per avvicinare le generazioni del futuro all’informatica occorreva nascondere la complessità della tecnologia offrendo al pubblico qualcosa di bello da vedere e apparentemente semplice da utilizzare. Ecco allora che lo smartphone e poi successivamente il tablet in poco tempo hanno preso il posto dei pc desktop per un uso quotidiano della rete e non solo.

Noi che apparteniamo alla generazione precedente (quella dei nati dal ’70-’80 ) a quella dei nativi digitali, abbiamo vissuto un momento irripetibile dell’era informatica. Cominciavano ad uscire le prime consolle e i pc desktop diventavano sempre più accessibili alle famiglie.
Abbiamo avuto il tempo di metabolizzare e capire alcuni processi che la tecnologia stava introducendo e in un certo senso conoscevamo le regole e le rispettavamo. Avevamo compreso il valore dell’apprendimento che veniva e viene prima di ogni cosa e che molto spesso significava rimettersi a imparare una tecnologia perché si era evoluta nel tempo, ma si sapeva che faceva parte di un bagaglio che avresti potuto rivenderti nel modo del lavoro.
Una consapevolezza quindi che il merito si misura non tanto in termini di volume di nozioni quanto a capacità di rapida metabolizzazione e di competenze nuove.

Ora, come puoi immaginare, ci troviamo difronte a due generazioni: una “gli immigrati digitali”  che deve evolversi, che ha dovuto apprendere con fatica molte nozioni nuove e che deve continuare a rinnovarle a causa di una innovazione incessante; l’altra che è nata abbracciata all’innovazione digitale ma che ha un estremo bisogno di capire le fondamenta della tecnologia che usa: questa è una responsabilità che spetta a noi genitori, è un importantissimo investimento per il futuro.

Dal ragionamento che ho fatto fino ad ora spero di averti trasmesso un concetto fondamentale: i ‘nativi digitali’ e quindi i nostri figli non sono poi così bravi ad usare la tecnologia. Sono un po come quella persona che guida un’auto in modo disinvolto ma non ha la petente e non conosce quelle regole fondamentali che se rispettate gli eviteranno di farsi del male o far del male ad altri.

Essere nativi digitali quindi significa essere nati in un certo contesto iper-tecnologico, ma non significa per questo essere nati già formati e con competenze digitali pre-installate.

I problemi emotivi

Ad aggiungersi a queste considerazioni dobbiamo anche parlare di un’altra componente che va da ricercarsi in problemi emotivi sempre più evidenti nei bambini e preadolescenti dove la tecnologia ha la sua parte di responsabilità.

E qui vi cito quanto scritto dalla Dott.ssa Victoria Prooday nel suo articolo
(“La tragedia silenziosa che colpisce i bambini di oggi” titolo originale => The silent tragedy affecting today’s children).

In questo intervento la Prooday delinea una vera e propria tragedia che si sta sviluppando nelle vite dei nostri figli.
Da dove nasce questa realtà in cui lo stato emotivo dei bambini è devastato secondo la Dott.ssa Prooday? Lasciamo che ci risponda lei direttamente:

Ho lavorato nel campo per gli ultimi 15 anni. Probabilmente provi sentimenti simili ai miei e hai le mie stesse preoccupazioni. Inoltre, negli ultimi 15 anni, i ricercatori hanno rilasciato statistiche allarmanti su un forte e costante aumento della malattia mentale dei bambini, che sta raggiungendo proporzioni epidemiche:

  • 1 su 5 bambini ha problemi di salute mentale
  • 43% di aumento di ADHD
  • Aumento del 37% nella depressione degli adolescenti
  • 100% di aumento del tasso di suicidio nei bambini di 10-14 anni

Quante altre prove abbiamo bisogno prima di svegliarci?

Anche in questo caso i genitori sono la fonte di eventuali disturbi o problemi emotivi dei loro figli. Nel momento in cui un genitore cambia la sua prospettiva sulla genitorialità, questi bambini cambiano.

Come può accadere questo?

Alla base di questi problemi c’è l’assenza della famiglia che da sempre è un sostegno e un baluardo per la cresciuta ed educazione di un bambino. Se questa viene a mancare o cambia modo di porsi chiaramente le conseguenze possono essere problematiche.

Cosa manca

  • Genitori emotivamente disponibili
  • Limiti e una guida chiaramente definiti
  • Responsabilizzare
  • Gioco creativo, interazione sociale

Cosa ricevono

  • Genitori digitalmente distratti
  • Genitori indulgenti
  • Senso di diritto piuttosto che responsabilità
  • Sonno inadeguato
  • Stile di vita sedentario spesso dominato dalla tecnologia
  • Stimolazione senza fine, baysitter tecnologici, gratificazione immediata e assenza di momenti noiosi.

Se come genitore desideri che i tuoi figli diventino individui sani pur vivendo in un mondo, una società così complicata e competitiva, devi tornare alle basi.

  • Stabilisci dei limiti e ricorda che sei il GENITORE di tuo figlio, non un amico
  • Offri ai tuoi figli uno stile di vita equilibrato. Non aver paura di dire dei “No!”
  • Almeno una volta al giorno pranza o cena con la tua famiglia e ‘silenzia’ la tecnologia. Lascia che a parlare siano i tuoi figli e tu scolta.
  • Coinvolgi il tuo bambino in alcune attività domestiche
  • Regolarizza le giuste ore di sonno ed evita che la sera nella sua cameretta abbia accesso a tablet o cellulare

Uno dei più grandi errori che si commette è utilizzare gli strumenti tecnologici come oggetti per combattere la noia. Se fa una pausa dai compiti non deve mettersi davanti al suo cellulare piuttosto può fare uno spuntino …

Ti riporto un altro passo dell’articolo della Dott.ssa Prooday che reputo delle verità e delle regole assolute:

Essere emotivamente disponibile per entrare in contatto con i bambini e insegnare loro l’autoregolamentazione e le abilità sociali:

  • Spegni il telefono fino a quando i bambini sono a letto per evitare la distrazione digitale.
  • Diventa l’allenatore emotivo di tuo figlio. Insegnagli a riconoscere e affrontare frustrazione e rabbia.
  • Connettiti emotivamente – Sorridi, abbraccia, bacia, solletica, leggi, balla, salta o gattona con il tuo bambino.

Dobbiamo apportare cambiamenti nella vita dei nostri figli prima che questa intera generazione di bambini si ammali definitivamente!
Non è ancora troppo tardi, ma presto potrebbe esserlo…

Credere i nostri figli in cameretta con il loro giocattolo tecnologico al sicuro piuttosto che lasciarli andare in piazza con gli amici,  è la cosa più sbagliata. Non è affatto così!
Ricorda che quando tuo figlio usa il suo smartphone ha accesso ad un mondo virtuale, un universo immenso in cui se non ha regole rischia di perdersi e di fare incontri indesiderati, parlare con sconosciuti, subire passivamente contenuti e tutto questo sotto i tuoi occhi.

Come genitore sei chiamato ad assumerti delle responsabilità e una delle più importati è quella di ‘vigilare‘ sulla vita virtuale di tuo figlio affinché possa usare la tecnologia in modo consapevole e con profitto, facendo in modo di imparare  nozioni con lo scopo di migliorare il suo bagaglio conoscitivo che potrà usare nel mondo del lavoro.

Crismer.

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