Ben ritrovati al secondo incontro con la Dott.ssa Marianna Berizzi. Vi ricordo che la Dott.ssa Berizzi è una Psicoterapeuta cognitivo comportamentale presso il centro di psicologia clinica di Bergamo; è una consulente e formatrice.
Di seguito un breve estratto dell’intervista in cui parleremo di:
identità digitale.
Sul canale Youtube trovate la prima di quattro episodi che saranno pubblicati nelle prossime settimane. Quindi se volete essere avvisati, registratevi sul mio canale Youtube per non perdere le prossime puntate di questa intervista.
Crismer
Uno dei problemi ormai urgenti da affrontare ma sempre più sottovalutato, riguarda il fatto che la rete ci espone a dei pericoli a volte anche molto gravi. Uno di questi, di cui parleremo in questa puntata, è il fatto che i nostri dati e la nostra stessa ‘identità digitale‘ è messa seriamente in pericolo.
Nascosti dietro ad uno schermo ci sentiamo più disinibiti, per cui rilasciamo di noi stessi molte più informazioni che normalmente faremmo di fronte ad una persona fisica e che conosciamo da poco tempo.
Durante una sua intervista lei ha affermato: ” concediamo dei frammenti della nostra coscienza e conoscenza ad ogni persona che richiede il nostro tempo; da dietro ad uno schermo si è tutti più coraggiosi, abbassiamo quelli che sono i livelli di guardia e a volte concediamo una fiducia in modo troppo veloce senza porci troppi problemi.
Dott.ssa Berizzi, esiste davvero una nostra identità digitale? Che cos’è l’identità digitale e in che modo può essere messa in pericolo?
Dott.ssa Berizzi
Le confermo che tutti noi, dal momento in cui navighiamo nel web, andiamo a costruire nel corso del tempo la nostra identità digitale. Naturalmente l’ identità digitale è subordinata alla percezione del nostro utilizzare la rete in grado di determinare un ampliamento dei confini virtuali. Presi nel vortice dei rapporti attraverso i social network, proprio come lei ha citato, ci troviamo a concedere frammenti della nostra coscienza ad ogni cosa e ad ogni persona che richiede il nostro tempo.
Questo ovviamente lo facciamo anche dal vivo, nelle relazioni reali, ma la differenza sta proprio nel fatto che dietro ad uno schermo ci si sente più protetti e quindi più liberi di spingersi un po oltre.
I nostri giovani, ragazzi preadolescenti e adolescenti, rischiano di interpretare una varietà di ruoli tali da sfumare il concetto stesso di ‘autentico’ e quindi di dimenticarsi chi sono realmente fino ad immedesimarsi in un ‘alter ego’, in un avatar che invece mette a repentaglio la loro persona.
Questo ruolo va a determinare quello che abbiamo definito “io digitale” che, lasciato libero di cavalcare nel selvaggio web, rischia di dare delle “strette di mano digitali” che poi possono rimanere come traccia e far sorgere dei pentimenti e dei ripensamenti.
Crismer
Ma i genitori sono coscienti, consapevoli dell’esistenza dell’io digitale,
dell’ identità digitale e che ” l’ io digitale ” può determinare che tipo di persone saranno i loro figli in futuro?
Dott.ssa Berizzi
Noi adulti abbiamo imparato a presentarci on line perché oggi è sufficiente digitare un nome in un motore di ricerca e in pochi istanti possiamo conoscere molto su chi abbiamo di fronte. Il rischio è che può capitare che ci lasciamo prendere troppo la mano e ci ‘fidiamo’ un po troppo di quello che appare sul web.
Occorre tenere presente che alcuni riflessi della nostra ‘identità digitale’ non sempre corrispondono a quello che noi formalmente vorremmo mostrare al nostro pubblico perché in rete a volte facciamo cose che nella realtà non faremmo mai. Quindi il concetto di ‘ Io digitale’ altro non è che la nostra rappresentazione in rete, il riflesso di quello che siamo e che è diventato il nostro ‘vero’ biglietto da visita.
Concludendo, penso proprio che i genitori conoscono l’IO digitale proprio dalle esperienze che stanno vivendo con i loro figli. Quello a cui devono prestare particolarmente attenzione è di sottovalutare il rischio con cui espongono la loro vita sul web, ad esempio comunicare troppe informazioni che ci riguardano a sconosciuti.
Recentemente ho fatto un intervento presso una scuola secondaria di I grado. Alla classe ho proposto un questionario, premetto che questo non può essere considerato un campione rappresentativo, ma sicuramente qualcosa può raccontare di un folto numero di adolescenti del nord Italia.
Il questionario avevo l’obiettivo di conoscere le abitudini di utilizzo del web e tra le diverse risposte alcune mi hanno colpito particolarmente. Ecco alcune domande e relative statistiche…
I tuoi genitori ti hanno spiegato… :
“di evitare di comunicare con sconosciuti?”… il 31 per cento dei ragazzi, quindi tre su 10 hanno risposto NO.
“quali siti posso visitare e quali attività posso svolgere sulla rete?” … ben il 57 per cento dei ragazzi, quindi 6 su 10 hanno risposto NO.
“cosa devo fare se mi imbatto in materiale e contenuti che potrebbero mettermi a disagio”… anche in questo caso il 40 per cento dei ragazzi ha risposto NO.
I giovani cercano nel gruppo dei pari una risposta che quasi sempre risulta parziale e a volte poco corretta. Ad esempio questo accade nell’ambito ambito dell’educazione sessuale. Mi aveva colpito una risposta dove alcuni adolescenti sostenevano che la coca cola poteva essere usata come un contraccettivo.
Per un genitore parlare di sesso ai figli adolescenti può risultare imbarazzante e dall’altro lato un figlio cerca di sfuggire da questi argomenti perché preferisce parlarne con altri cercando risposte anche e sopratutto in rete.
Un genitore dovrebbe riuscire a creare situazioni adatte in cui poter parlare liberamente di sessualità ai propri figli trasmettendo loro serenità e non imbarazzo. Per un figlio non è sicuramente facile dire al genitore che ha postato una ‘certa’ foto su internet e che questa sia stata usata e condivisa per scopi poco leciti (pensiamo ad esempio al ‘sexting’ e il revenge porn’). C’è ovviamente la paura del rimprovero, del giudizio da parte del genitore e questi fattori tendono a far nascondere le cose invece di parlarne in famiglia.
Prima di dare delle regole o di rimproverare, i genitori devono essere degli esempi. Noi adulti dobbiamo ricordare che per i nostri figli siamo dei modelli. Quello che facciamo noi molto probabilmente verrà replicato dai nostri figli, quindi il nostro esempio, il nostro modo di utilizzare il web diventa la base su cui poi sperimenteranno i nostri ragazzi.