Spazio alle interviste – Dott.ssa Lucia Musmeci

In questo articolo ti presento una nuova intervista per il mio canale Youtube alla Dott.ssa Lucia Musmeci.
Poco tempo fa ho registrato una diretta dalla mia pagina ufficiale Facebook in cui ti parlo del mondo dei videogiochi e di come i genitori si trovano sempre più in difficoltà nello scegliere giochi adatti per i loro bambini e ragazzi.

In questa intervista la Dott.ssa Lucia Musmeci ci illustrerà alcuni strumenti che un genitore ha a disposizione per poter valutare con consapevolezza se un certo gioco può essere adatto all’età del proprio figlio. Sarai altresì in grado di affiancare le informazioni che recupererai adattandole non solo all’età ma anche alla crescita emotiva di tuo figlio che non sempre corrisponde esattamente all’età. Vedremo anche alcuni sintomi importanti e soluzioni che possono esserti utili per il tuo percorso di Alfabetizzazione. Ma ora diamo spazio alla dott.ssa Musmeci.

1 Domanda

In un suo articolo pubblicato su linkedin dal titolo “PEGI ci aiuta a scegliere il videogioco adatto a nostro figlio” lei scrive quanto segue:
“non potendo usufruire di un’adeguata conoscenza personale sul mondo dei videogiochi spesso numerosi genitori finiscono infatti per optare per un titolo di cui hanno sentito tanto parlare in giro senza avere la minima consapevolezza del suo contenuto”.

D. – Crismer
Dottoressa quali strumenti ha a disposizione un genitore per capire se un videogioco è adatto al suo bambino e quali pericoli ci sono in un uso eccessivo?

R.- Dott.ssa Lucia. Musmeci
Intanto come strumento principale per comprendere se il videogioco effettivamente è adeguato all’età  del proprio figlio il genitore ha proprio quello che lei ha citato nell’articolo di cui stava parlando cioè PEGI che è un acronimo che sta per “Pan European Game Information” ed è un sistema di classificazione dei videogiochi basato sull’età e non sul livello di difficoltà.

In termini pratici significa che un videogioco è adeguato per un bambino più piccolo ma potrebbe comunque presentare delle richieste di gioco più complicate rispetto ad un videogioco che invece è adeguato per un ragazzo più grande.
Questo sistema di classificazione è stato adottato a partire dal 2003 in moltissimi paesi europei fra cui l’italia proprio con l’obiettivo quindi di favorire un’esperienza positiva e funzionale di gioco per i videogiocatori più piccoli aiutando così i genitori a prendere delle decisioni più consapevoli riguardo ai videogiochi da comprare ai propri figli.
Il rischio è quello di proporre a bambini e ragazzi dei videogiochi che riportano dei contenuti altamente terrorizzanti, violenti e volgari che con molta probabilità non hanno ancora le capacità di elaborare perché mancano degli strumenti e risorse personali necessarie per farlo per cui magari potrebbero non avere un’adeguata capacità critica, un’autonomia di pensiero e rischiano quindi di non riuscire a filtrare i contenuti che gli vengono proposti e divenire invasi da certe tematiche e argomenti forti.
C’è da tenere presente un fatto non trascurabile; oggi la maggior parte dei giochi permettono di giocare on line anche con la possibilità di interagire con utenti sconosciuti, basta accettarli come ‘amici’. Si possono creare veri e propri gruppi e non sempre tuo figlio conosce fisicamente alcuni dei partecipanti.

Come aiuto per i genitori esso mette a disposizione due tipi di informazioni:

1 – le etichette PEGI che indicano la fasce d’età a partire dalla quale il videogioco è adeguato. Abbiamo quindi etichette da 37 12 16 e 18 e abbiamo dei

2 – “descrittori di contenuto” PEGI che indicano i tipi di contenuto presenti nel videogioco che potrebbero essere appunto pericolosi e disfunzionali se non proposti alla giusta età.
Abbiamo ad esempio la violenza e linguaggio scurrile, gioco d’azzardo, sesso, droga e discriminazione oltre a ciò però abbiamo anche altri tipi di descrittori di contenuto fra cui quelli che indicano se per esempio nel videogioco sono presenti la possibilità di effettuare acquisti digitali quindi di spendere denaro reale per andare avanti nel gioco o anche l’indicazione di supervisionare l’attività digitale del figlio se per esempio nell’applicazione del videogioco c’è la possibilità tra gli utenti di interagire fra di loro o anche di condividere informazioni personali come per esempio la propria posizione.

Queste informazioni servono per permettere un acquisto consapevole e sono chiaramente visualizzabili sul gioco o sul fronte della copertina del videogioco o nella pagina di presentazione dell’applicazione di gioco e ovviamente per comprendere meglio che cosa corrispondono tutte queste etichette, ci si può riferire direttamente al sito ufficiale di PEGI facilmente rintracciabile su internet.

Per quanto riguardano l’utilizzo eccessivo dei videogiochi, i pericoli e i rischi sono tanti e diversi. Possiamo avere intanto la sindrome dell’occhio secco che consiste nel fastidioso bruciore e dolore agli occhi che può essere dovuto a tantissimi fattori e proprio nei bambini e nei ragazzi si sta riscontrando un aumento nell’ultimo periodo proprio a causa della sovraesposizione allo schermo digitale.

Possiamo avere disturbi del sonno soprattutto se il gioco viene effettuato proprio in orario serale e quindi va ad interferire con le attività  quotidiane del giorno dopo, perché giustamente essendo carenti le ore di sonno, diminuiranno anche le capacità di attenzione e concentrazione andando quindi a danneggiare il funzionamento scolastico ma a lungo periodo si possono arrivare a danneggiare anche le relazioni interpersonali. Viene anche influenzato negativamente l’umore a causa delle poche ore di sonno.

Possiamo avere inoltre anche disturbi posturali, muscolari,  di sovrappeso e obesità proprio per il tipo di postura e lo stile di vita anche sedentario che il videogioco porta comunque ad adottare se utilizzati in modo eccessivo.

Ma l’utilizzo eccessivo dei videogiochi può anche andare a rafforzare una certa tendenza all’isolamento sociale e a diminuire l’esplorazione del mondo esterno soprattutto se siamo in una fascia di età  in cui invece l’esplorazione del mondo esterno sarebbe fondamentale per il bambino.
Un ragazzo, proprio perché deve imparare a interagire con tutto ciò che gli sta attorno, deve poter sviluppare alcune abilità fondamentali che gli permettono una crescita emotiva e sociale sana ed equilibrata, cosa non facile se tende all’isolamento prolungato difronte ad uno schermo.

Per questo è importante non vedere il videogioco come un sostituto del genitore quindi una sorta di “baby sitter digitale” come è successo nel passato per la televisione ma neanche come un riempitivo della giornata del minore per riempire momenti di noia.

Non ha molto senso comunque eliminare del tutto i videogiochi perché il gioco di per ha sempre svolto una funzione fondamentale per lo sviluppo dei bambini e dei ragazzi. La cosa più giusta fare è permettere al ragazzo di giocare decidendo a priori un momento della giornata da dedicare a questa attività  stabilendo un tempo limite.

2 Domanda

D.- Crismer
In un articolo pubblicato per la sua rubrica settimanale su facebook parla di FOMO, ci può spiegare di cosa si tratta?

R.- Dott.ssa Lucia. Musmeci
FOMO è un acronimo che sta per “Fear of Missing Out” e si riferisce alla paura di rimanere tagliati fuori dai flussi di comunicazione sui social network e porta a controllare continuamente lo smartphone per verificare che non siano arrivate nuove notifiche; è strettamente collegata alla “nomofobia” cioè la paura di perdere il telefono, di rimanere con la batteria scarica fuori casa o di essere in una zona in cui il segnale non prende.

Quindi il fatto di non avere a disposizione lo smartphone porta a provare di conseguenza ansia proprio per la paura di perdersi qualcosa e di non essere aggiornati.

Gli adulti di solito tendono molto spesso a puntare il dito contro gli adolescenti senza neanche interessarsi delle differenze individuali o esplorare un po i motivi per cui gli adolescenti utilizzano lo smartphone ma in realtà questo fenomeno si caratterizza moltissimo anche negli adulti.
Se ci fermiamo un attimo a riflettere onestamente sulla nostra giornata tipo non possiamo non ammettere che noi per primi non riusciamo a staccarci dai dispositivi digitali; forti del nostro status da adulti tendiamo a trovare più facilmente giustificazioni a questo nostro comportamento e prima di tutto usiamo la scusa del lavoro.

Conclusione – Crismer 

L’utilizzo dello smartphone diventa ossessione, controllo a volte compulsivo e questo può rappresentare un grande rischio perché, cito le testuali parole della Dott.ssa Musmeci: “in questo modo gli adulti non si possono porre facilmente come esempi educativi, anzi questo atteggiamento va ad allontanare le generazioni accentuando comunque i conflitti piuttosto che avvicinare al dialogo, all’empatia, l’apprendimento reciproco rappresentato dallo scambiarsi informazioni ed esperienze anche tra generazioni diverse su tematiche che riguardano il mondo digitale”.

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