Hate Speech e incitamento all’odio

Hate Speech e incitamento all’odio. Anche se in rete è possibile trovare ampia letteratura, voglio fare di questo argomento un personale approfondimento sul tema e non posso che partire con il suo significato e le norme che lo regolamentano.

Questo articolo è rivolto a tutti, perché una società civile è fatta da tutti, bambini e adulti.
Ciò che dobbiamo capire è che una rete è sicura quando la libertà di espressione di uno non violi il diritto alla non discriminazione di un altro, dove la comunicazione non sia violenta e favorisca il confronto anche tra posizioni lontane. Una sfida alla quale tutti possiamo contribuire. Mi soffermerò in particolare sulla sicurezza della rete e come quest’ultima gioca un ruolo primario sulla diffusione del fenomeno dell’hate speech.

Hate Speech significato

Ad oggi non esiste una definizione internazionale univoca di hate speech o discorso d’odio. Ciò nonostante nel 2018 le Nazioni unite hanno elaborato un piano d’azione contro l’hate speech con l’obiettivo di cercare le cause profonde, anche socio-economiche, della proliferazione del fenomeno, valorizzare il counter-speech,  oltre che sviluppare strategie a sostegno delle vittime.

Neanche in europa esiste una definizione giuridicamente vincolante del fenomeno. Il consiglio d’Europa tuttavia ha dato una prima ed esauriente spiegazione già nel 1997 tramite una raccomandazione del comitato dei ministri.

“[…] il termine “discorso d’odio” (hate speech) deve essere inteso come l’insieme di tutte le forme di espressione che si diffondono, incitano, sviluppano o giustificano l’odio razziale, la xenofobia, l’antisemitismo ed altre forme di odio basate sull’intolleranza e che comprendono l’intolleranza espressa attraverso un aggressivo nazionalismo ed etnocentrismo, la discriminazione l’ostilità contro le minoranze, i migranti ed i popoli che traggono origine dai flussi migratori.”

Normativa in Europa

Ad oggi l’unione eurpea non ha introdotto nessuna norma specifica sul tema ‘hate speech’, anche se sono partite diverse iniziative come ad esempio è stato firmato un ‘codice di condotta’  con le maggiori società di Social Network.

In Italia le cose non sono molto diverse anche se varie norme del nostro ordinamento riguardano se pur in modo non esplicito questo tema. Innanzitutto la costituzione, nei suoi principi fondamentali e in tutta la parte prima (Diritti e doveri dei cittadini Artt.13-54) .

Più nello specifico poi l’articolo 406bis del codice penale che punisce la “propaganda e l’istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale etnica e religiosa”. Una norma introdotta originariamente dalla legge 654/1975 con cui è stata ratificata la Convenzione contro il razzismo adottata dalle Nazioni Unite nel 1966 e poi modificata dalla legge Mancino (D.l . 122/1993).

Un altra norma importante rispetto ai discorsi d’odio è poi la più recente legge 71/2017 che introduce disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo.
Il testo introduce una serie di misure di carattere educativo e formativo, finalizzate in particolare a favorire una maggior consapevolezza tra i giovani del disvalore di comportamenti persecutori che, generando spesso isolamento ed emarginazione, possono portare a conseguenze anche molto gravi sulle vittime che si trovano in situazione di particolare fragilità.

Hate Speech alcuni dati

Partiamo da un grafico a torta che evidenzia le tipologie dei contenuti d’odio rimossi dalle piattaforme che hanno sottoscritto il codice di condotta dell’UE.

Come viene chiaramente descritto dal dossier sul Hate Speech redatto da Amnesty International, l’applicazione del codice di condotta viene monitorata e descritta in rapporti periodici. Secondo l’ultimo rapporto, che è possibile esaminare quì (riferito a febbraio 2019), le aziende coinvolte hanno rimosso ni media il 71,7% dei contenuti segnalati dagli utenti e dalle organizzazioni della società civile.
I casi di rimozione sono cresciuti costantemente dal maggio 2017 al dicembre 2018.

Questo grafico evidenzia chiaramente come il termine hate speech è comparso solo negli ultimi 30 anni. Riporto di seguito altri grafici che rispettivamente fanno vedere come è salita la curva dei termini hate spech, odio e discriminazione.

Poiché continua a mancare una definizione condivisa sufficientemente precisa, a livello europeo la rivelazione dei dati sulla rocorrenza dei discorsi d’odio rimane assai scarsa o, nella migliore delle ipotesi, disomogenea. Solo negli utlmi anni alcuni enti come l’OSCE o l’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali hanno iniziato a organizzare le cose affinché i dati venissero sistematizzati per lo meno quelli nazionali.

Hate speech- Conoscere il fenomeno

Prima di capire come prevenire e combattere l’hate speech o “discorso d’odio”  è fondamentale comprendere i fattori alla base del fenomeno per poter intraprendere azioni volte a contrastarlo in modo efficace. Per cui per poter avere gli elementi necessari a contrastare l’odio online è opportuno risalire alle origini: dove affondano le radici? Quali meccanismi conducano a essi?

A tal proposito lascio un link dal quale potrete scaricare una guida molto chiara e ben curata da Amnesty International e dalla quale ho tratto alcuni spunti per scrivere questo articolo.

Hate Speech- come riconoscerlo e intervenire

“Ci stanno invadendo, per fermarli serve la forza”, questo è un messaggio o un discorso d’odio, cosiedetto hate speech. La suddetta guida afferma: “riconoscere un caso di hate speech non è, tuttavia, così semplice come può apparire ad un primo sguardo”.

Dato che non esiste ancora una definizione precisa ed esaustiva che distingua tra i discorsi d’odio e la libertà di espressione, che va difesa anche quando il pensiero espresso disturba qualcuno, occorre considerare che l’hate speech veicola due messaggi:

Il primo è indirizzato al gruppo attaccato con lo scopo di compromettere il sentimento di sicurezza e libertà delle persone o dei gruppi presi di mira inducendoli a pensare che non ci sia spazio per loro in una determinata società.

L’altro messaggio è indirizzato ai membri della comunità che non appartengono al gruppo o alla categoria sociale attaccati ma comunque l’obiettivo è veicolare l’idea che le opinioni alla base del discorso d’odio siano l’argamente condivise , anche se non sempre espresse publicamente.
Col tempo questi messaggi dioventano componenti del tessuto sociale, contribuendo alla formazione di un terreno fertile per discriminazioni, crimini d’odio, violazioni dein diritti unani.

Se un tempo, ovvero prima della diffusione di internet, era più difficile che alcune idee si diffondessero a livello globale e ad una velocità impressionante, oggi tutto questo è possibile proprio grazie a come si è evoluta la rete Internet:  idee che un tempo non avrebbero trovato spazio per essere espresse, oggi attraverso il web riescono a raggiungere un pubblico ampio e hanno grandissima visibilità.

Una spia di possibile hate speech che dovremmo monitorare e non sottovalutare è il linguaggio usato. Oltre alle chiare espressioni offensive è possibile incontrare:

  1. Parole neutre rese spregiative. Ad esempio: coso, giovinastro, intellettualoide e pseudoattore.
  2. Il richiamo a false credenze. Esempio: gli zingari rapinano i bambini.
  3. Far sentire vicini gli aggressori e lontane le vittime, minimizzando gli atti dfi odio.
  4. Ridurre il bersaglio a una sua caratteristica. Esempio: disperato, clandestino.
  5. Numeri distorti o presentati con falsa precisione.
  6. L’accostamento di due affermazioni per farle sembrare collegate quando non lo sono. Esempio: <>.

Hate speech online

Cerchiamo di chiarire un aspetto importantissimo, ovvero con la crescita di Internet e l’avvento dei
social network sono cambiate le modalità attraverso le quali l’informazione è prodotta e diffusa. Per dare una definizione di ‘informazione’ possiamo dire che essa è definita come un fatto riferito da fonti identificabili, verificabili e quindi controllabile.

  1. Grazie alla tecnologia facilmente e ampiamente accessibile (basta uno smartphone) chiunque può creare contenuti e farli circolare in rete;
  2. Il consumo dell’informazione non è più privato ma pubblico;
  3. La velocità con la quale circola è così rapida che riduce le possibilità di essere messa in discussione;

Proprio per mezzo di Internet negli ultimi anni si sente sempre più parlare di false notizie o ‘fake news’. L’attenzione su questo fenomeno è diventata tale che nel 2017 il Collins Dictionary l’ha scelta come parola dell’anno.
Il fenomeno della diffusione di false notizie messe in circolazione con determinate finalità tuttavia non è nuovo, ma anch’esso ha subito un’evoluzione e una certa spinta con l’ascesa del web e dei social network.

Indubbiamente vi è un legame tra disinformazione e hate speech online:  la disinformazione nelle sue varie forme, può alimentare gli assunti alla base di affermazioni discriminatorie e d’odio.

Possiamo raggruppare la disinfomrazione in quattro tipologie:

  1. Contenuti ‘confezionati’: parliamo di contenuti creati da zero e completamente falsi;
  2. False connessioni: quando il titolo non corrisponde al contenuto;
  3. Contesti e descrizioni false: esempio di un video sono pubblicati con una descrizione erronea;
  4. Fonti false: portali d’informazione sono falsi.

Secondo l’UNESCO l’educazione e la formazione alla cittadinanza digitale consapevole sono una chiave fondamentale per prevenire i discorsi d’odio online.  Esse includono l’educazione ai diritti umani e all’utilizzo sicuro di inteternet, la promozione dell’information e media literacy e lo sviluppo capacità critiche dove tutte queste attività hanno lo stesso obiettivo:  quello di informare, analizzare e agire.

Le iniziative e attività contro questo fenomeno sono diverse, segnalo ad esempio No Hate Speech,  promossa dal Consiglio d’Europa e rivolta ai giovani. Uno dei suoi obiettivi è quello di promuovere l’alfabetizzazione sui discorsi d’odio, attraverso varie risorse e in più di 40 paesi.

Naturalmente i giovani non sono l’unico gruppo a cui si rivolgono le iniziative educative. Ad esempio sono numerosi anche gli strumenti di formazione mirati alle forze dell’ordine, alla magistratura, agli insegnanti e ad altri membri della società civile.

Per tutti questi progetti, lo sviluppo delle competenze digitali è considerato quello più indispensabile e fondamentale per prevenire, mettere a nudo e combattere i discorsi d’odio online (hate speech).
Evidenzio sempre dalla stessa fonte video, infografiche e tante altre risorse reperibili sul web.
[Fonte:  rcmediafreedom.eu].

Hate Speech – come combatterlo e contrastarlo

Contrastare l’hate speech online è piuttosto complicato perchè i principali attori sono il web e i social network e per loro natura permettono che questo tipo di fenomeno sia contraddistinto da alcune caratteristiche che lo rendono sfuggente: l’anonimato dell’autore;  la permanenza, ovvero la capacità dei messaggi d’odio di restare online nel tempo (vedi ad esempio i casi di cyberbullismo che hanno indotto purtroppo ad alcuni adolescenti di arrivare al suicidio); l’itineracy, cioè la capacità di propoagarsi in piattaforme ed ambienti diversi da quelli dove sono stati creati; il carattere intergiurisdizionale dei contenuti e delle piattaforme che li ospitano.

Per questi aspetti l’hate speech è particolarmente ‘ostico’ da combattere poiché la natura della sfera online pone sfide uniche e peculiari che rendono difficile l’individuazione delle responsabilità, lo sviluppo di risposte legali adeguate e l’applicazione delle norme vigenti. Per questa ragione sono necessari approcci nuovi, che prendano in considerazione le particolarità delle nuove tecnologie.

Quindi cosa si può fare se si avverte un pericolo per se stessi o per altri? Come posso combattere l’hate speech nel modo giusto?

Non c’è una sola modalità di intervento che ad oggi abbia dato risultati positivi, ma esistono un insieme di azioni che possono nel tempo portare alla distruzione del ‘pensiero’ d’odio in quel particolare contesto.

Ad esempio proponendo una visione alternativa alla narrazione dominante:  per sradicare l’hate speech, non bastano le sanzioni o che qualcuno ne dimostri la falsità, bisogna offrire una narrazione opposta a cui aderire. La ‘narrazione’ è un racconto che offre una visione coerente di eventi e personaggi.

Interagire con chi ha scritto il post o un tweet ricordando che dietro c’è sempre una persona. Quindi non mostriamoci aggressivi, ma cerchiamo di capire il suo ‘reale’ pensiero. Chiediamo le fonti dell’affermazione fatta. Cerchiamo di restare in tema senza divagare sul generalista.
Oppure si può fare una segnalazione su Facebook, Twitter e altri social attraverso moduli opportuni.